Non c’è nulla di più tradizional...
Esistono delle ricette tradizionali della nostra cucina italiana che sono dav...
Leggi di piùCome una serie tv, che tanto apprezziamo in questo periodo, torna il nostro appuntamento mensile con la storia della pasta.
Abbiamo fatto un viaggio dall’età classica a quella medievale, fino ad arrivare alla pasta secca trasportata dagli Arabi. Ora ci dirigiamo nell’Italia meridionale, per capire qualcosa in più del nostro alimento preferito.
Fino al Seicento circa, i napoletani - ma possiamo allargare lo sguardo a tutti gli italiani - erano conosciuti come “mangiafoglie”, mentre i siciliani (la Sicilia, ricordiamo, fu tra le prime zone italiane a diffondere la pasta) venivano additati come “mangiamaccheroni”.
Ma perché “mangiafoglie”? Perché l’alimentazione era prevalentemente a base di verdura. Il cavolo non mancava mai sulle tavole e, nelle sue varianti, si faceva trovare in tutte le stagioni: prodotto sano, nutriente e popolare (cucina povera).
Nel Seicento inizia a diffondersi l’utilizzo del torchio. Grazie alla sua introduzione, la produzione di pasta passa dal “fatto a mano” al “fatto meccanicamente”, quindi in quantitativi maggiori e a prezzi più convenienti.
I “mangiafoglie” si trasformano in “mangiacarboidrati”: la popolazione recupera a basso costo un alimento che si conserva facilmente e che, soprattutto, sazia.
La pasta si diffonde in maniera capillare. È lo scrittore tedesco Goethe, a fine Settecento, a riportare - nero su bianco - la sua sorpresa nel trovare, ovunque, a Napoli, i maccheroni. Con una spolverata di cacio e condita con delle spezie, la pasta si attesta come simbolo emblematico di una città.